Il Respiro del Lago al Tramonto

Canoe al tramonto, tra silenzi dorati e natura sospesa sul Lago di Barrea

Il Lago di Barrea si trasforma in uno specchio dorato, silenzioso e immobile, al calar della sera.

Le canoe fendono l’acqua tra salici sommersi e riflessi cangianti.

Il lago taceva, disteso tra le montagne come un respiro trattenuto. L’acqua, immobile, rifletteva ogni sfumatura del cielo che andava lentamente incendiandosi. Le canoe erano pronte, leggere sulla riva, come se sapessero già dove condurre.
Poi, silenziose, scivolarono sull’acqua. Le pagaie affondavano piano, sollevando piccole increspature che si dissolvevano subito, lasciando intatto lo specchio liquido. Nessuna voce, nessuna fretta. Solo il suono ritmico dell’acqua e la luce del tramonto che avvolgeva ogni cosa in un velo d’oro e rame.
I salici sommersi emergevano come visioni oniriche. I loro rami si allungavano appena sotto la superficie, tracciando disegni che si muovevano al passaggio delle canoe. Le rive si stringevano in un abbraccio verde, mentre il lago apriva i suoi silenzi a chi sapeva ascoltare.
Pagaiando lentamente, si seguiva il ritmo della sera. Il borgo di Barrea, in lontananza, si accendeva di luci calde. Le sue case, riflesse nell’acqua, sembravano galleggiare tra il cielo e il fondale. La linea tra realtà e riflesso si assottigliava, fino quasi a scomparire.

Ogni colpo di pagaia accompagna la luce verso la notte

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Poi apparve lei: la foresta galleggiante. Un tratto del lago in cui i salici affondavano le radici invisibili sotto l’acqua e lasciavano che i rami, morbidi e piegati, si stendessero sopra le teste e attorno alle canoe come tende vegetali. Si entrava in punta di remo, quasi temendo di disturbare un luogo sacro.

I salici sommersi creavano una cattedrale verde e densa. Alcuni rami sfioravano l’acqua, altri le spalle. La luce filtrava tra le fronde come oro liquido, riflettendosi in mille scintille tremolanti. Le canoe avanzavano piano, come sospese tra il mondo reale e qualcosa di più profondo, più misterioso.

Ogni movimento diventava più attento, quasi istintivamente rispettoso. Le pagaie si muovevano appena, per non spezzare l’incanto. Le ombre dei rami si mescolavano a quelle dei corpi sull’acqua, creando forme che sembravano vive. In quel tratto, il lago sembrava respirare davvero: lentamente, profondamente, come un essere antico.

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Ogni colpo di pagaia diventava un gesto meditativo, un modo per entrare in sintonia con il tempo naturale delle cose. Il tramonto non era più un momento della giornata, ma uno stato dell’anima.
Quando le canoe tornarono alla riva, la luce era ormai tenue, sfumata nei toni del blu profondo. Ma qualcosa era cambiato. Qualcosa si era fatto più chiaro, più silenzioso, più vero.
Un’esperienza così non si racconta, si porta con sé. Come il ricordo di un sogno limpido. Come il riflesso di una montagna nell’acqua, che continua a vibrare anche dopo che lo sguardo si è spostato altrove.

 

Testo e Foto © Marco Buonocore

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